La Stampa, 14 Dicembre 2011
Nonostante la durezza della manovra e i malumori che ha sollevato, molti italiani continuano ad avere fiducia in questo governo. Forse perché erano stanchi di urla, liti e insulti, o di sudare freddo ad ogni meeting internazionale per il timore di essere derisi e di essere irrilevanti in decisioni chiave. Molti italiani hanno avvertito e apprezzato questo cambiamento. Ma attenzione: questo nuovo stile non è scontato né garantito per il futuro. Continuano a riemergere i segnali di quei pezzi di vecchia politica sguaiata e corporativa che ci hanno portato fin sull’orlo del baratro, e che non si rassegnano a rinunce e all’oblio. L’ultima vicenda del taglio delle indennità è solo un piccolo sintomo. E’ vero, come ricordano molti parlamentari, che c’è un vizio procedurale. Ma è anche vero, e non sfugge all’occhio del cittadino, che questo Parlamento si è ritrovato a mettersi in discussione e accelerare certe procedure solo quando costretto dall’opinione pubblica, ovvero dopo 4 anni dall’inizio della crisi e dopo manovre durissime che hanno pesato moltissimo sui cittadini. E anche se molti parlamentari da tempo si mostrano disponibili e anzi desiderosi di eliminare privilegi e aumentare rigore e trasparenza nella politica, quello che più colpisce i cittadini non sono i silenzi di quei parlamentari che accettano i tagli, ma le proteste scomposte di quelli più recalcitranti, la prontezza con cui questi sanno fare muro quando si tratta di mettersi in gioco. Ma a ben vedere i tentativi di autoproteggersi di alcuni politici non si limitano a benefit o vitalizi, e sono più sottili e profondi.