La Stampa 2 Aprile 2012
Tutti pazzi per il Brasile: ormai non c’e’ dibattito, reportage o conferenza che non tocchi il tema della sua miracolosa crescita. Il caso brasiliano fa innamorare soprattutto molti intellettuali di sinistra che vedono nelle sue sostanziose politiche redistributive un modello di sviluppo alternativo al rigore europeo e alla riverenza nei confronti delle istituzioni finanziarie e capitaliste occidentali. Un modello che attenua le diseguaglianze anziche’ acuirle. Ed e’ vero: tra tutte le economie emergenti, il Brasile e’ il Paese che ha saputo crescere in maniera piu’ equa, riducendo maggiormente la poverta’ e le diseguaglianze. La riorganizzazione e l’estensione delle misure di assistenza, attraverso il programma Bolsa Familia, hanno consentito di allargare la protezione sociale fino a coprire il 26% della popolazione, aumentando la frequenza scolastica dei bambini e le visite mediche. Risultati veramente straordinari in un paese da sempre piagato da poverta’ ed emarginazione. Ma un conto e’ apprezzare le politiche sociali e redistributive del Brasile, altro conto e’ capire le radici e la natura della sua crescita, capire cosa ha permesso e continua a rendere possibile questa redistribuzione. Nessuno sembra chiedersi: ma da dove arrivano tutti questi miliardi da spendere in politiche sociali?